Stress lavoro-correlato: conoscerlo per combatterlo

Nella frenesia del mondo moderno, capita spesso di dover gestire delle situazioni stressanti, in diversi contesti della propria vita.

All’interno delle organizzazioni, può infatti capitare che il lavoratore percepisca di dover far fronte ad un carico di richieste lavorative superiore alle risorse che ritiene di avere per farvi fronte. Da qui emerge il concetto di “Stress Lavoro-Correlato” (SLC) che condiziona, in modo negativo, lo stato di salute dei lavoratori e la produttività aziendale (Cortese et al., 2013). Tale condizione infatti, non solo può generare svariati disturbi fisiologici (e.g. cardiopatie, disturbi muscolo-scheletrici, cefalee, affezioni gastro-intestinali etc.) e psicologici (e.g. ansia, depressione, difficoltà di concentrazione, ridotte capacità decisionali, etc.), ma ha anche effetti negativi sulle organizzazioni aziendali in termini di impegno, prestazione e produttività del personale, incidenti causati da errore umano, soddisfazione lavorativa etc. 

Un altro possibile effetto negativo dello SLC, soprattutto per le professioni ad elevata implicazione relazionale (medici, infermieri etc.), è il cosiddetto “burnout” (Maslach, 1975), definito come una sindrome di esaurimento emozionale e di spersonalizzazione che conduce alla perdita di interesse vissuta dall’operatore verso le persone con le quali svolge la propria attività (pazienti, assistiti, clienti, utenti etc.). Per fronteggiare tale sindrome, il metodo più efficace è quello della prevenzione: la riduzione del sovraccarico orario, l’aumento di supervisione, il rafforzamento delle risorse individuali, e di conseguenza il miglioramento delle dinamiche relazionali, porta ad un potenziamento significativo della qualità del lavoro diminuendo così lo stress personale.

Più in generale, per far fronte al problema dello stress nel contesto organizzativo, i lavoratori possono attuare delle azioni individuali attraverso l’applicazione di strategie di coping, oppure si possono attuare degli interventi sull’ambiente lavorativo.

Per quanto riguarda le prime, di fronte agli stressor, ovvero i fattori stressanti, le persone possono adottare diverse strategie di coping, non tutte funzionali nel lungo periodo e utilizzabili in tutti i contesti.

Una modalità frequente è quella di ristabilire l’equilibrio affrontando direttamente la fonte stressogena, come se si volesse “risolvere il problema alla base” (coping centrato sul compito). Tuttavia, un’altra modalità altrettanto comune è quella di non porre il focus sulla fonte di stress, bensì sulle emozioni scatenate da questa (coping centrato sulle emozioni); esempi di tale modalità sono i classici “momenti di sfogo” o l’assunzione di un atteggiamento più positivo e ottimistico attraverso la rivalutazione della situazione. Infine, un’altra strategia è quella del coping centrato sull’evitamento, il quale prevede il tentativo di evitare la fonte stressante, se possibile.

Per valutare le capacità di gestione delle situazioni stressanti in diversi contesti, tra cui appunto quello lavorativo, è stato sviluppato, nei primi anni ‘90, il Coping Inventory for Stressful Situations (CISS). Tale strumento è molto utile per le organizzazioni per valutare le strategie che i lavoratori sono in grado di attuare per far fronte a situazioni potenzialmente stressanti.

Per quanto riguarda le strategie attuabili dall’organizzazione, queste possono basarsi sulla gestione dello stress in modo indiretto, puntando su strategie volte al benessere psicofisico o al work-life balance: esempi possono essere servizi offerti dall’azienda come la palestra, i corsi di yoga, oppure l’apertura dei cosiddetti “nidi aziendali”, asili nido interni all’organizzazione di cui i lavoratori possono usufruire per i propri figli.

Altre strategie possono essere volte all’offerta di percorsi formativi per prevenire situazioni di questo tipo e fornire in anticipo ai lavoratori i giusti strumenti per affrontare possibili momenti stressanti durante il proprio percorso lavorativo, a volte anche servendosi di counseling psicologico da parte di un professionista del settore.

Ci sono aziende che infine attuano delle vere e proprie terapie anti-stress per i propri dipendenti, come l’utilizzo della mindfulness, per aiutare il lavoratore a rimanere concentrato e non farsi sommergere dalle preoccupazioni, o della pet therapy, utile a migliorare il clima di fiducia e socializzazione, di cui troviamo un esempio in due multinazionali importanti come Google e Nintendo che, all’interno delle proprie sedi italiane, permettono ai dipendenti di portare i propri cani in ufficio.

In definitiva, è bene che ogni organizzazione ponga tra i suoi obiettivi il mantenimento di un ambiente lavorativo che riduca il più possibile le situazioni stressanti, così da promuovere un maggiore benessere individuale e di conseguenza anche organizzativo, incrementando la produttività e l’operatività dell’organizzazione.
 

Calogero Cilibrasi, Giulia Schena

Bibliografia

Cortese, C.G., Gerbaudo, L., Manconi, M.P., & Violante, B. (2013). L’identificazione dei fattori di rischio stress lavoro-correlato in un’Azienda Sanitaria Ospedaliera: un approccio quali-quantitativo, La Medicina del Lavoro, 104 (2), 141-157;

Endler, N.S., & Parker, J.D.A. (1990). Coping inventory for stressful situations: Manual. Toronto: Multi-Health Systems;

Hassard, J., Teoh, K. R. H., Visockaite, G., Dewe, P., & Cox, T. (2017). The Cost of Work-Related Stress to Society: A Systematic Review, Journal of Occupational Health Psychology, 23 (1), 1-17;

Lazarus, R. S., & Folkman, S. (1984). Stress. Appraisal, and coping. New York: Springer.