Da molto tempo, ha assunto sempre più rilevanza, all’interno delle organizzazioni, il tema della corretta gestione delle risorse umane. Infatti, è ormai evidente come e quanto le persone costituiscano un valore centrale per le organizzazioni, in quanto contribuiscono attivamente allo sviluppo dell’azienda e consentono di adattarsi ai cambiamenti della società. Tra questi assume senz’altro rilevanza la modalità di lavoro, orientata sempre più alla suddivisione dei compiti in team e meno a livello individuale. Per questo motivo, uno dei principali punti di interesse studiati negli ultimi anni è quello della gestione delle relazioni tra i diversi gruppi di lavoro. A tal proposito, è utile inquadrare il modo in cui le persone percepiscono il gruppo e le dinamiche ad esso correlate. Tajfel, psicologo sociale, condusse una serie di studi volti all’analisi di questi aspetti e concluse che nel momento in cui ci sono due gruppi diversi a confronto, le persone manifestano favoritismo verso il proprio gruppo di appartenenza e discriminazione per il gruppo di cui non fanno parte, anche nelle situazioni in cui converrebbe razionalmente raggiungere un compromesso per avere maggiori vantaggi per entrambi.
Anche a livello organizzativo è possibile ritrovare le dinamiche evidenziate da Tajfel, per cui solitamente i membri dell’ingroup sono portati a sentirsi migliori rispetto a quelli di un altro gruppo (outgroup). Tuttavia, se da un lato questo processo può essere vantaggioso per l’organizzazione creando una sana competizione, in quanto ogni gruppo cerca di performare meglio degli altri, dall’altro si potrebbero anche generare degli effetti negativi, tra cui lo sviluppo di atteggiamenti discriminatori e ostili verso l’altro gruppo e la tendenza a valutare in maniera eccessivamente positiva le prestazioni del proprio team. Un focus troppo orientato al proprio sottogruppo di appartenenza potrebbe portare le persone a non identificarsi con l’intera organizzazione, il che potrebbe condurre ad alcune conseguenze negative: ad esempio la propensione a lasciare il lavoro, scarse performance, assenteismo e turn over.
Questa eccessiva competizione può essere arginata mettendo esplicitamente i gruppi nelle condizioni di dover cooperare per raggiungere uno scopo comune (interdipendenza positiva). In altre parole, all’interno di un’organizzazione è necessario che ci sia condivisione degli stessi obiettivi, interessi e risultati per promuovere l’adozione di comportamenti collaborativi e un sentimento di affiliazione reciproca. È possibile fare ciò tramite alcune azioni:
- Riunioni inclusive: organizzare riunioni comprendenti diversi team contemporaneamente aiuta il dialogo fra gruppi e definire gli obiettivi comuni.
- Giochi di ruolo: organizzare giochi di ruolo simulando team misti, così da far comprendere ai membri dei vari gruppi il punto di vista degli altri.
- Attività di team building: incontri per rafforzare il senso di appartenenza all’organizzazione, tramite attività ludiche e riflessioni guidate.incontri per rafforzare il senso di appartenenza all’organizzazione, tramite attività ludiche e riflessioni guidate.
- Supervisore: nominare un manager collocato al di sopra dei team che sia orientato anche alla gestione dei conflitti e dei problemi fra team.
- Tecnologia: sfruttare la tecnologia affinché ci sia una continua connessione tra i membri di diversi team.
Si può, quindi, concludere che all’interno delle organizzazioni è utile che i gruppi costruiscano innanzitutto delle relazioni di interdipendenza e collaborazione con altri team, volte al raggiungimento di risultati comuni e, per estensione, al perseguimento di obiettivi rilevanti per l’intera azienda. Se tale processo infatti non dovesse verificarsi, la relazione potrebbe diventare negativa nel momento in cui i gruppi cominciano a competere tra di loro per svariati motivi (come l’acquisizione delle risorse, degli spazi e delle ricompense). Queste situazioni sono potenzialmente causa di conflitto tra i gruppi e possono, inoltre, compromettere il buon funzionamento dell’organizzazione, motivo per cui il clima di competizione e concorrenza deve essere il più amichevole e sportivo possibile.
Beatrice Daglio, Lorenzo Dal Cin
Bibliografia
Rubini, M., & Moscatelli, S. (2004). Categorizzazione ed interdipendenza: due punti di vista epistemologici per lo studio delle relazioni intergruppi. Giornale italiano di psicologia. 31, 4, 875-886.
Tajfel, H., & Turner, J.C. (1979). An integrative theory of intergroup conflict. In W.G., Austin, S., Worchel (eds.), The social psychology of intergroup relations. Monterey, CA: Brooks/Cole, 33-47.
Van Knippenberg, D. (2002). Intergroup relations in organizations. In M. West, D. Tjosvold, & K. G. Smith (Eds.). International handbook of organizational teamwork and cooperative working. Chichester, UK: Wiley.