Nel mondo aziendale quello che abbiamo imparato ad aspettarci da colleghi e responsabili è un atteggiamento forte, sicuro e professionale che non lascia spazio ad emozioni e sentimenti. Nella maggior parte dei contesti organizzativi, infatti, qualsiasi rivelazione del proprio lato emotivo, rischia di essere considerata una debolezza o addirittura un comportamento non adatto all’ambiente di lavoro. Rifacendoci ai primi studi sulla leadership, è facile accorgersi da dove derivi quest’idea del “grande uomo”: l’immagine del leader è storicamente associata ad una figura forte, in grado di esercitare influenza e controllo, dotata di caratteristiche innate quali fiducia in sé stessi, resistenza fisica, coraggio, assertività, tratti che non hanno nulla a che vedere con aspetti emotivi e di vulnerabilità. Sebbene la Teoria dei Tratti abbia avuto una grande risonanza, nel corso del tempo i teorici della leadership si sono allontanati da questa visione innatista e hanno abbracciato diverse prospettive in grado di comprendere e spiegare quale dovrebbe essere il comportamento di un buon leader e di una leadership efficace.
Una delle visioni più recenti è la leadership vulnerabile. Il mito del leader duro e sicuro di sé è stato sfatato dalla pandemia, che ha mostrato come i leader più autocratici si siano in realtà rivelati deboli, al contrario di chi ha avuto il coraggio di esporre le proprie vulnerabilità apertamente. In un mondo complesso ed incerto come questo che richiede un mindset agile e aperto all’apprendimento, i leader più adattabili sono coloro che conoscono i propri limiti, sono in grado di gestire le proprie emozioni e riconoscono l’importanza del proprio benessere e di quello dei loro dipendenti. Questa leadership lascia spazio alla vulnerabilità e, più in generale, all’umanità, mettendo al centro le persone. Quando i leader riescono a incorporare la vulnerabilità nella loro cultura organizzativa attraverso le loro azioni, il dialogo tra membri del team e manager diventa più forte e più funzionale. Il leader vulnerabile riesce a creare un clima sano e positivo in cui la sicurezza psicologica aiuta a stimolare il dissenso e le critiche costruttive. I dipendenti si sentono meglio, infatti, quando si sentono liberi di esprimersi nella loro interezza non nascondendo fenomeni di malessere, grazie all’esempio dei loro leader che dimostrano di non essere invincibili. La vulnerabilità della leadership stimola il coraggio di innovare e la fiducia dei membri del team, con benefici che si ripercuotono sul loro impegno, sulla soddisfazione e sulla fidelizzazione. Condividere, quindi, le proprie debolezze all’interno del gruppo, consente di rafforzare il rapporto con il proprio team e permette trasparenza e sincerità tra i membri.
La vulnerabilità, intesa come qualcosa che rende vivi e ci accomuna agli altri, sprigiona energia e potenzialità e, se ben gestita, è la porta d’accesso ad esperienze ed interazioni profonde e significative con gli altri. Ovviamente non è semplice attuare questo cambiamento culturale e trovare spazio nella propria azienda per tale dimensione ed è per questo motivo che, talvolta, è necessario essere supportati da professionisti nel settore, specializzati nel wellbeing organizzativo, in grado di strutturare progetti e servizi capaci di migliorare la qualità della vita professionale e personale dei lavoratori.
Non si tratta di aspetti secondari della vita organizzativa, ma come commenta Amy Edmondson nel suo libro Organizzazioni senza paura, “per far fiorire il lavoro intellettuale, le persone che lavorano insieme devono sentirsi libere di condividere le proprie conoscenze”. In questo momento storico così complesso, è vitale poter contare su leader capaci di trasformare le loro vulnerabilità in elementi di forza.
Caterina Di Francesco
Bibliografia
Edmondson, A. C. (2018). The fearless organization: Creating psychological safety in the workplace for learning, innovation, and growth. John Wiley & Sons.
Organ, D. W. (1996). Leadership: The great man theory revisited. Business horizons, 39(3), 1-4.