Reverse Mentoring: Scambio Generazionale

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Cos’è il Reverse Mentoring?

Il reverse mentoring consiste in una tecnica di formazione inversa rispetto al tutoraggio tradizionale, in cui sono i più giovani a condividere con i senior esperienze e consigli, riguardanti soprattutto le competenze digitali. 

I primi programmi di reverse mentoring nei contesti aziendali sono stati introdotti da Jack Welch, CEO di General Electric nel 1999. Egli chiese a 500 top manager di trovare dei giovani impiegati che potessero spiegare loro il funzionamento di internet.  

Le pratiche di reverse mentoring nascono, dunque, per far fronte alle dinamiche di cambiamento generazionale: la nascita delle nuove tecnologie, infatti, ha portato con sé un gap di conoscenze e comportamenti nell’utilizzo delle stesse.

Ma al di là della tecnologia, il gap tra generazioni oggi è particolarmente evidente anche in altri ambiti, ad esempio su questioni culturali, di genere, di diversità e di inclusività.

Per questo il reverse mentoring può costituire un’efficace tecnica per far fronte ai cambiamenti in atto nei contesti aziendali.

Vantaggi e difficoltà del Reverse Mentoring

Il reverse mentoring è importante per le persone che saranno maggiormente motivate e integrate nel contesto lavorativo e per l’azienda stessa che potrà raggiungere i propri obiettivi ed essere competitiva in un contesto come quello odierno, in continua trasformazione. 

Le pratiche di reverse mentoring possono essere utili non solo per potenziare le competenze digitali, ma anche per migliorare la comunicazione tra persone di età diverse.

Tale metodo può infatti incoraggiare il flusso di informazioni dal basso, aiutando ad abbattere le barriere generazionali: i dipendenti più giovani si sentono più ascoltati e incoraggiati.

Allo stesso tempo, anche per le risorse più senior tale pratica è un momento di arricchimento: sebbene alcuni possano essere più scettici al riguardo, perché preoccupati di sminuire il loro titolo, è anche vero che non si tratta di una pratica a senso unico.  

Il reverse mentoring è un momento formativo per accrescere le competenze di entrambe le parti: la cultura giovanile viene comunicata ai senior che, a loro volta, trasmettono ai più junior le conoscenze legate al loro bagaglio professionale. 

In generale, si tratta di uno strumento utile ad espandere la pluralità di pensiero e di esperienze sul posto di lavoro.

In un’ottica di long life learning, la metodologia del reverse mentoring diventa quindi sempre più centrale perché rappresenta un efficace strumento interno per il reskilling individuale e dell’organizzazione.

Perchè è importante oggi?

Le pratiche di reverse mentoring sono oggi ampiamente utilizzate all’interno delle organizzazioni aziendali e vengono spesso integrate con metodi di mentoring più tradizionali, per aumentare la consapevolezza riguardante le tematiche di inclusività sociale

Lo studio legale Linklaters, per esempio, ha utilizzato tecniche di reverse mentoring per sensibilizzare sui temi LGBTQ+ e la mobilità sociale. 

Anche Heineken ha implementato un programma di reverse mentoring che ha riscontrato un tasso di successo molto alto: l’86% dei leader senior ha dichiarato di volersi “connettere” ai dipendenti junior per acquisire nuove competenze. 

Le tecniche di reverse mentoring ad oggi si rivelano ancora più proficue per affrontare le sfide delle modernità in un contesto in cui il tessuto sociale sui luoghi di lavoro è più ricco che mai: infatti ben quattro generazioni stanno lavorando insieme e ciò rappresenta un’ottima occasione per favorire il flusso di competenze intergenerazionale.

Mariangela Del Prete

Bibliografia

Allen, T. D., Eby, L. T., & Lentz, E. (2006). The relationship between formal mentoring program characteristics and perceived program effectiveness. Personnel psychology, 59(1), 125-153.

Reverse Mentoring - Blooming Arete
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