Nella frenesia del mondo moderno, capita spesso di dover gestire delle situazioni stressanti in diversi contesti della propria vita, e spesso questo stress è correlato al lavoro.
All’interno delle organizzazioni può infatti capitare che il lavoratore percepisca di dover far fronte ad un carico di richieste superiore alle risorse che ritiene di avere per farvi fronte.
Secondo uno studio recentissimo di UniSalute sono tantissimi gli italiani colpiti dallo stress.
Il 43% degli intervistati ha dichiarato di aver fatto fatica a mantenere il buon umore durante l’arco dell’anno, e ben 1 persona su 3 afferma di aver avuto molti momenti di “down”.
In questo articolo affrontiamo i temi chiave dello stress, le strategie di coping e vediamo soluzioni concrete che i datori di lavoro possono attuare per far stare meglio i propri dipendenti.
Le tipologie di stress
Già nel 1974, Selye considerava lo stress come una risposta funzionale e non necessariamente come una condizione di sofferenza, sostenendo che lo stress non andasse evitato, ma affrontato in modo efficace.
L’autore identifica, quindi, una differenza tra due tipologie di stress: una patogena, distress, e una salutogenica, eustress. Questi due tipi di stress possono essere sia correlati al lavoro sia alla vita quotidiana.
Il distress
Il distress è lo stress negativo, quello che provoca grossi scompensi fisici psicologici e sociali, causato dall’incongruenza tra le sfide quotidiane e la percezione del soggetto di non avere le risorse e le capacità per affrontarle e risolverle.
Si tratta, quindi, di un esaurimento e un’incapacità di far fronte alle sollecitazioni esterne: l’individuo non riesce a riportare una situazione di equilibrio e questo porta a conseguenze dal punto di vista psico-fisico.
Per esempio, cause di distress possono essere un licenziamento senza preavviso oppure un’operazione chirurgica.
L’eustress
L’eustress, o stress buono, è invece quello indispensabile alla vita. Questo si presenta sotto forma di stimolazioni ambientali costruttive per l’individuo e la sua crescita. In altre parole, è un adattamento capace di ripristinare l’equilibrio e permettere alla persona di giovare dell’esperienza di stress.
Per esempio, una promozione lavorativa attribuisce maggiori responsabilità e quindi stress, ma anche maggiori soddisfazioni.
Se non vi fosse l’eustress nelle nostre vite quotidiane, mancherebbe l’incentivo a impegnarci nelle attività di tutti i giorni. L’eustress tiene gli individui in salute e attivi.
Le differenze tra distress ed eustress
La differenza essenziale tra eustress e distress può essere ricondotta alla percezione individuale della “fonte di stress”.
Nel primo caso, la fonte viene percepita come una “sfida” affrontabile con le risorse in possesso; nel secondo caso, viene percepita come una “minaccia” che non si riesce a gestire.
Per questo motivo risulta fondamentale, per la propria salute, alimentare il proprio atteggiamento generale verso la vita come di un luogo di sfide piuttosto che di minacce.
La prospettiva salutogenica
In linea con il concetto che lo stress si verifichi regolarmente per tutto il corso della vita, Aaron Antonovsky introduce la teoria salutogenica basata sul “senso di coerenza”, che spiega perché le persone nelle situazioni di stress riescono a stare bene e sono anche in grado di migliorare la propria salute.
Secondo la teoria salutogenica, gli individui combattono continuamente con gli effetti delle difficoltà, e dispongono di risorse di resistenza generalizzata (Generalised Resistance Resources – GRR) che, insieme al senso di coerenza, aiutano loro a evitare, fronteggiare e combattere i fattori psicosociali di stress.
Un deficit di tali risorse (Generalised Resistance Deficit – GRD) causerà il fallimento dei meccanismi di coping, ed è questo fallimento a provocare la malattia nel lungo termine.
Nello specifico, il senso di coerenza è un orientamento individuale di fiducia circa il fatto che gli stimoli ambientali siano strutturati in modo da essere spiegabili e prevedibili. Si basa su:
- comprensibilità: la convinzione secondo cui le cose accadono seguendo un certo ordine e modo prevedibile;
- gestibilità: la convinzione di essere in grado di prendersi cura delle cose;
- significatività: la convinzione che gli eventi nella vita siano interessanti e possano essere fonte di soddisfazione.
La prospettiva salutogenica sul lavoro
La teoria salutogenica e del senso di coerenza è applicabile anche allo stress correlato al lavoro.
In questo caso, la dimensione della comprensibilità può essere influenzata da feedback coerenti sul lavoro, come ad esempio nella valutazione delle prestazioni.
La dimensione della gestibilità è in rapporto al controllo del lavoro e all’accesso alle risorse, oltre che alla socialità e alla fiducia nelle proprie capacità. Infine, la dimensione della significatività risulta correlata al sentimento di partecipazione, alla motivazione e al significato percepito del progetto e del lavoro in generale.
Dunque, anche sul lavoro il senso di coerenza permette di affrontare efficacemente le situazioni stressanti.
Cos’è lo Stress Correlato al Lavoro?
In psicologia, lo stress si identifica come uno stato di strain imposto ad una persona da agenti ambientali, che vengono percepiti dal soggetto come una minaccia per sé e il proprio benessere.
Lo stress pertanto può essere definito come lo stato psicologico e fisiologico di una persona nel rispondere alle richieste che le pone l’ambiente.
Lo “Stress Lavoro-Correlato” (SLC) condiziona in modo negativo lo stato di salute dei lavoratori e la produttività aziendale.
Tale condizione non solo può essere accompagnata da disturbi fisiologici (e.g. cardiopatie, disturbi muscolo-scheletrici, cefalee, affezioni gastro-intestinali etc.) e psicologici (e.g. ansia, depressione, difficoltà di concentrazione, ridotte capacità decisionali, etc.), ma ha anche effetti negativi sulle organizzazioni aziendali in termini di impegno, prestazione e produttività del personale.
Un ulteriore effetto negativo dello SLC, soprattutto per le professioni ad elevata implicazione relazionale (medici, infermieri etc.), è il burnout, definito come una sindrome di esaurimento emozionale e di spersonalizzazione che conduce alla perdita di interesse verso le persone con le quali si svolge la propria attività.
Le strategie di coping
Per cercare di non avere le conseguenze negative appena citate nella vita di tutti i giorni attiviamo le cosiddette strategie di coping, che fanno riferimento alla capacità umana di “fronteggiare, reagire, resistere e gestire” situazioni avverse o sfidanti.
Il coping è un processo adattivo e dinamico, influenzato dall’interazione tra la persona e l’ambiente, che inizia quando l’individuo percepisce una minaccia ai propri obiettivi o mete.
Tale valutazione è seguita da emozioni “negative”, spesso molto intense, come la paura, e per tale ragione uno dei primi compiti dei meccanismi di coping è quello di de-intensificare le reazioni emotive “negative” che impediscono all’individuo di affrontare la situazione.
Concretamente, quali sono le strategie di coping? E come possono aiutare a combattere lo stress correlato al lavoro?
Problem-focused coping (strategia focalizzata sul problema)
La persona esplora le proprie capacità di affrontare e dominare l’evento, intervenendo direttamente sul problema. In questo caso, quindi, si affronta direttamente la fonte stressogena, come se si volesse “risolvere il problema alla base”.
Ad esempio, un coping centrato sul problema potrebbe essere imparare a pianificare meglio il lavoro o concentrarsi sulle fasi per risolvere il problema.
Emotion-focused coping (strategia centrata sull’emozione)
La persona cerca di modificare e regolare l’impatto emozionale negativo dell’evento. In questo caso non si pone il focus sulla fonte di stress, bensì sulle emozioni scatenate da questa.
Un coping centrato sulle emozioni potrebbe essere cercare un supporto emozionale. O ancora, altri esempi di tale modalità sono i classici “momenti di sfogo” o l’assunzione di un atteggiamento più positivo e ottimistico attraverso la rivalutazione della situazione.
Avoidance coping (strategia centrata sull’evitamento)
Rappresentata dal tentativo di ignorare la minaccia o distanziarsi. Questa strategia, quindi, prevede il tentativo di evitare la fonte stressante, se possibile.
Un esempio potrebbe essere evitare di pensare al problema facendo sport o dedicandosi a un hobby.
È importante sottolineare che questa strategia può essere buona per “staccare la spina” e distrarsi ma non è sostenibile sul lungo periodo, in quanto lo stress prima o poi deve essere affrontato.
Proactive coping
Il coping proattivo è la capacità di prevenire e fronteggiare una situazione potenzialmente stressante che potrebbe verificarsi nell’immediato futuro. La persona, quindi, mette in gioco proattivamente le proprie risorse e cerca di migliorare la propria vita lavorativa ed il proprio ambiente piuttosto che reagire agli eventi solo dopo che questi si sono verificati.
La caratteristica comune di tutte queste strategie è che permettono l’adattamento alla situazione stressante; tuttavia, esse possono assumere una valenza funzionale o disfunzionale, mitigando o aggravando la situazione.
Cosa possono fare le aziende per ridurre lo stress correlato al lavoro?
Per quanto riguarda lo stress correlato al lavoro, le aziende, innanzitutto, possono valutare le capacità di gestione delle situazioni stressanti da parte dei propri dipendenti con il Coping Inventory for Stressful Situations (CISS).
Tale strumento è molto utile per le organizzazioni per valutare le strategie che i lavoratori sono in grado di attuare per far fronte a situazioni potenzialmente stressanti.
L’azienda, poi, può attuare strategie indirette, puntando sul benessere psicofisico o il work-life balance. Alcuni esempi di servizi che l’azienda può offrire ai dipendenti per farli stare meglio sono la palestra, percorsi sul benessere finanziario o iniziative di supporto psicologico.
Altre strategie possono essere volte all’offerta di percorsi formativi condotti da psicologi per prevenire situazioni di questo tipo e fornire in anticipo ai lavoratori i giusti strumenti per affrontare possibili momenti stressanti durante il proprio percorso lavorativo.
Un esempio può essere l’utilizzo della mindfulness per aiutare il lavoratore a rimanere concentrato e non farsi sommergere dalle preoccupazioni.
Un’ulteriore strategia è l’utilizzo della pet therapy, utile a migliorare il clima di fiducia e di socializzazione, di cui troviamo un esempio in due multinazionali importanti come Google e Nintendo che, all’interno delle proprie sedi italiane, permettono ai dipendenti di portare i propri cani in ufficio.
La gestione dello stress come punto di forza individuale e organizzativo
La gestione dello stress correlato al lavoro raramente dipende solamente dalle capacità individuali.
Le crescenti pressioni e richieste della vita nelle organizzazioni e nelle pratiche manageriali generano attivamente situazioni stressanti, attraverso la divisione in gruppi di lavoro autogestiti costretti a raggiungere obiettivi sempre più complessi.
La gestione efficace degli eventi stressanti dipende sia dal nostro modo di valutarli sia dalla capacità e possibilità di reperire informazioni, cercare aiuto e sostegno sociale entro il contesto in cui si vive.
Tutte queste risorse definiscono l’individuo come resiliente, ovvero in grado di superare le difficoltà e trarne un arricchimento in termini di crescita personale.
In definitiva, è bene che ogni organizzazione ponga tra i suoi obiettivi il mantenimento di un ambiente lavorativo che riduca il più possibile le situazioni stressanti, così da promuovere un maggiore benessere individuale e di conseguenza anche organizzativo, incrementando la produttività e l’operatività dell’organizzazione.
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Bibliografia
Antonovsky, A. (1996). The salutogenic model as a theory to guide health promotion. Health promotion international, 11(1), 11-18.
Endler, N.S., & Parker, J.D.A. (1990). Coping inventory for stressful situations: Manual. Toronto: Multi-Health Systems.
Hassard, J., Teoh, K. R. H., Visockaite, G., Dewe, P., & Cox, T. (2017). The Cost of Work-Related Stress to Society: A Systematic Review, Journal of Occupational Health Psychology, 23 (1), 1-17.
Lazarus, R. S., & Folkman, S. (1984). Stress. Appraisal, and coping. New York: Springer.
Selye, H. (1976). Stress without distress. In Psychopathology of human adaptation (pp. 137-146). Springer, Boston, MA.
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