Il conflitto viene comunemente definito come una divergenza di interessi e obiettivi tra individui o gruppi. È importante non sottovalutare i conflitti e imparare a gestirli in modo efficace, dal momento che possono compromettere non solo le parti direttamente coinvolte, ma tutta l’organizzazione nel complesso.
Il conflitto è parte integrante ed ineliminabile delle organizzazioni, all’interno delle quali se ne possono distinguere due tipi: “alcuni [conflitti] sostengono gli obiettivi dell’organizzazione e migliorano la performance; possono quindi essere interpretati come forme di conflitto costruttive, funzionali e fisiologiche. Vi sono, invece, forme di conflitto che ostacolano la performance organizzativa; esse sono definite patologiche o distruttive. Queste ultime forme di conflitto non sono auspicabili e i manager dovrebbero fare di tutto per gestirli” (Sulkowicz, 2008).
I conflitti si generano da due fonti principali: la competizione e la percezione di ingiustizia.
- La competizione. In ambienti organizzativi particolarmente instabili e mutevoli, in cui le risorse sono percepite come insufficienti e desiderabili, le persone tendono più facilmente a provare stati di ansia e ciò le porta a confliggere per assicurarsi più risorse possibili e cercare sicurezza nella propria posizione, anche a discapito del bene collettivo. Questo atteggiamento viene sostenuto da una giustificazione del tipo “se l’altro potesse se ne avvantaggerebbe, perchè non farlo prima io?”.
- Percezione di ingiustizia. Nel momento in cui una persona valuterà una situazione/evento come ingiusto tenderà a ripristinare l’equilibrio/la giustizia mettendo in atto una serie di atteggiamenti che possono generare conflitto.
Come si può gestire il conflitto?
Per superare il conflitto si possono individuare quattro strategie, definite come le 4C della pacificazione:
- Contatto. Il contatto tra le parti in conflitto è un modo per mettere alla prova i propri pregiudizi sugli antagonisti e comunicare con loro per comprendere meglio la situazione e trovare soluzioni. Ciò però va sostenuto dal desiderio delle parti in discussione di comprendere il punto di vista altrui e di risolvere il conflitto costruttivamente, considerando i bisogni e le esigenze delle parti in gioco.
- Cooperazione. Un ambiente lavorativo cooperativo spinge i gruppi in conflitto a comprendere che il successo per tutti possa derivare da uno sforzo collettivo necessario per raggiungere un obiettivo comune. Un buon modo per stimolare la cooperazione è quello di identificare le questioni sottostanti il problema e trovare un’alternativa in grado di soddisfare i bisogni di entrambi.
- Comunicazione. Le parti in conflitto possono negoziare per arrivare ad un accordo comune. La negoziazione può essere fatta direttamente dalle parti in conflitto o con l’ausilio di un terzo neutrale che può mediare o imporre una risoluzione al conflitto. Questa strategia offre il vantaggio di portare una parziale soddisfazione in entrambe le parti, creare un clima di ascolto e rispetto, e coinvolgere attivamente tutti i partecipanti.
- Conciliazione. Qualche volta la tensione aumenta così tanto che la comunicazione diventa del tutto impossibile. A questo punto si può ricorrere alla conciliazione attraverso il GRIT (Graduate and Reciprocate initiatives in Tension Reduction), dove una parte fa un passo verso l’altra attraverso piccole azioni per ridurre la tensione. Questi passi vanno annunciati in modo tale che la parte avversaria non li consideri come debolezze ma per quello che sono: un intento conciliatorio. Se la prima parte si comporta in modo credibile e sincero, l’altra parte si sentirà spinta alla reciprocità, avviando un percorso verso un accordo comune.
Gestire adeguatamente il conflitto è un compito complesso che necessita di specifiche competenze – trasversali e non. Le organizzazioni devono comprendere come sfruttare a proprio beneficio questo fenomeno, soprattutto nell’era della fluidità e dell’inedito che stiamo vivendo. Per questo, Professional Recruitment promuove corsi utili a sostenere le aziende nella consapevolezza e nella gestione del conflitto.
Martina Berni, Ergis Gjoshi
Bibliografia:
Myers, D.G. (2013), Psicologia sociale, McGraw-Hill, II ed.
Kreitner, R., & Kinicki, A. (2013), Comportamento Organizzativo, Maggiola Editore, II ed.