Come valorizzare l’intergenerazionalità con l’Age Management

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Con l’aumento dell’aspettativa di vita e dell’età pensionabile la gestione dell’intergenerazionalità è diventata una questione sempre più importante. Per questo motivo l’Age Management, una branca del Diversity Management, si occupa di studiare e predisporre una serie di interventi aziendali strutturati e coerenti tra loro, finalizzati alla valorizzazione della diversità anagrafica dei lavoratori.

Trovare un equilibrio tra le diverse generazioni – soprattutto tra quelle più lontane, come i Baby Boomers e la Generazione Z – può essere estremamente arduo. Nel tempo, infatti, sono cambiati i modi di vedere il lavoro, di interagire con pari e superiori, e le priorità delle persone.

Per questo motivo, il seguente articolo vuole essere una guida alla branca dell’inclusione aziendale che si occupa di gestire i rapporti tra le generazioni.

Dal Diversity Management all’Age Management

Possiamo riferirci al Diversity Management come ad un approccio alla gestione delle risorse umane finalizzato alla creazione di un ambiente di lavoro inclusivo, in grado di favorire l’espressione del potenziale individuale e di utilizzarlo per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi.

Alla base delle strategie di Diversity c’è l’assunto che le differenze di età, di genere e di cultura, se valorizzate, possono migliorare il clima aziendale e lo sviluppo dell’organizzazione. 

Accanto al Diversity Management, si sta sempre più consolidando una sua declinazione, rappresentata dall’Age Management

Nello specifico, secondo la definizione classica di Walker e Taylor, per Age Management si intende “l’insieme degli interventi e delle misure che possono essere attivate a livello aziendale con l’obiettivo di creare le condizioni in cui ciascun individuo possa esprimere il proprio potenziale senza essere svantaggiato dalla propria età.

Tale approccio punta a rinsaldare il patto tra le generazioni mediante una trasmissione di significati e valori transgenerazionali che concorrono a fornire una lettura organizzativa e, quindi, una narrazione pubblica che ne restituisca la complessità delle dinamiche operative e relazionali

L’importanza dell’equilibrio tra generazioni

La sfida dell’Age Management è dunque quella di creare un equilibrio tra le diverse generazioni all’interno delle aziende attraverso l’adattamento delle attività previste dai ruoli e la creazione di un ambiente che favorisca lo scambio reciproco di conoscenze.

Si ipotizza, infatti, che gli over 60 diventeranno il 20% della popolazione totale entro il 2050. In Europa l’aumento sarà anche più marcato con una previsione vicina al 35%. Tale invecchiamento della popolazione si rispecchia nell’invecchiamento della forza lavoro

Queste persone sono oggi una risorsa a livello lavorativo perché dispongono di un bagaglio di esperienze fondamentale e impareggiabile, soprattutto per le piccole/medie imprese che caratterizzano il tessuto produttivo italiano.

Per queste ragioni gli over 60 permangono più a lungo nel mondo del lavoro e, di conseguenza, si verifica l’innalzamento dell’età pensionabile. 

Tuttavia, non si possono ignorare i cambiamenti fisici, cognitivi ed emotivi a cui i lavoratori senior vanno incontro. Limitarsi a prolungare l’età lavorativa, senza adeguati interventi di Age Management, può rivelarsi poco efficace per il mondo del lavoro e dannoso per la salute e il benessere delle persone

La metafora della “casa”

L’equilibrio tra richieste lavorative – sia di tipo fisico sia di tipo psicologico – e le risorse fisiche e psicologiche disponibili in un individuo è stato definito Work Ability.

Questo viene spesso rappresentato come il tetto di una casa, dove ai piani inferiori ci sono i vari fattori che lo determinano. 

Il piano più basso è occupato dallo stato di salute e dalla capacità funzionale del lavoratore. Al primo piano sono posizionate invece le conoscenze e le competenze; al secondo i valori e la motivazione a svolgere un determinato lavoro. 

Tutte queste sono risorse che ciascun lavoratore ha a disposizione e che può utilizzare per fronteggiare l’ultimo piano della casa, dove “abitano” le caratteristiche del lavoro svolto, con richieste e condizioni ambientali, che le risorse personali cercano di affrontare. 

Diverse ricerche hanno messo in luce come la Work Ability sia inversamente correlata con l’età. Risulta, quindi, fondamentale elaborare un’adeguata strategia di Age Management affidando i compiti alle giuste fasce di età in funzione delle rispettive risorse e competenze. 

Modificare il livello delle richieste, domande e condizioni del lavoro permette di ottimizzare la Work Ability e rendere il lavoro sostenibile per tutti.  

Come sviluppare l’Age Management?

Per sviluppare un’efficace policy di Age Management non esiste un’unica best practice da poter replicare. Il successo di queste strategie dipende, infatti, in misura determinante dal contesto culturale in cui queste vengono applicate. 

In letteratura si delineano cinque dimensioni principali che un HR deve tenere in considerazione per attuare al meglio le proprie strategie, e sono:

  • reclutamento e modalità di uscita dal mondo del lavoro;
  • formazione, sviluppo e promozione dei lavoratori;
  • flessibilità delle pratiche di lavoro;
  • ergonomia e progettazione del lavoro;
  • atteggiamenti nei confronti dei lavoratori più senior.

Ciò che risulta fondamentale è evitare di concentrarsi su un unico target e puntare ad elaborare strategie che tengano conto dell’intergenerazionalità presente nell’organizzazione.  In questo modo si possono superare i tradizionali stereotipi sull’età (sia sui giovani che sugli anziani) e incentivare un orientamento al confronto tra le diverse generazioni che metta tutti i lavoratori in condizione di poter sviluppare appieno il proprio potenziale.

Attraverso le pratiche di Age Management il fenomeno dell’invecchiamento viene affrontato come un processo e non come una condizione, in un’ottica di continuità lungo tutto il ciclo di vita dell’individuo che inizia con l’accesso al mercato del lavoro fino alla sua uscita. 

Le iniziative di Age Management

Le iniziative di Age Management possono essere di due tipi: reattive o preventive

Gli interventi reattivi sono tutti quelli in cui la diversità di età è già diventata una problematica per l’organizzazione, in termini di competenze, di costi o di clima organizzativo. Gli interventi preventivi, invece, sono tutti quelli che, in modo sistematico, vengono attivati per prevenire eventuali effetti negativi futuri.

La situazione italiana e le criticità

In Italia l’Age Management non rientra ancora tra i principali obiettivi dei responsabili delle risorse umane. Questo tema è però destinato ad assumere una sempre maggiore rilevanza a seguito del naturale allungamento della vita e a riforme previdenziali che innalzano l’età pensionabile, nonché della diminuzione degli under 35 al lavoro.

Il nostro Paese è interessato da un significativo invecchiamento della forza lavoro che rispecchia gli effetti di una dinamica demografica sulla struttura per età della popolazione e il prolungamento delle carriere educative e lavorative

I dati suggeriscono che solamente il 25% delle organizzazioni italiane sta affrontando il problema dell’intergenerazionalità con iniziative specifiche. Emerge, quindi, la mancanza di una visione strategica nell’affrontare il tema che viene gestito in maniera reattiva e passiva, senza riuscire a valorizzare le risorse a disposizione.

Nella nostra cultura è radicato uno stereotipo secondo il quale da una certa età si smette di apprendere. 

Questo stereotipo porta le organizzazioni a credere che, andando avanti con l’età, la capacità e la disposizione ad apprendere (learning agility) e la capacità e la disposizione al cambiamento (change agility) calino drasticamente. Seguendo questa logica, appare quindi poco sensato coinvolgere la popolazione più senior in iniziative e programmi formativi troppo complessi ed impegnativi.

Il risultato di questo pensare è disastroso: le persone più avanti con l’età si ritrovano spesso ai margini dei loro processi di learning e inevitabilmente non possono fare altro che affidarsi (e “fossilizzarsi”), sempre più, alle proprie competenze e al proprio bagaglio di esperienza.

Imprese virtuose e utilizzo dell’Age Management

L’Age Management vede i lavoratori e le loro unicità come un capitale su cui investire attraverso azioni di motivazione, sviluppo e guida. 

Sulla base dei dati relativi alle grandi imprese italiane che hanno avviato strategie di Age Management – indipendentemente dal livello di complessità dell’intervento, dal contesto aziendale, dal settore economico e dalle dimensioni del mercato di riferimento – i risultati delle ricerche consentono di delineare un percorso comune declinabile nei seguenti passaggi:

  1. sensibilizzazione al tema dell’ageing;
  2. analisi della struttura demografica dell’impresa; 
  3. rilevazione dei fabbisogni del personale
  4. strutturazione e avvio di progetti pilota
  5. verifica e valutazione dei risultati per l’implementazione e/o la messa a sistema delle iniziative. 

In tal senso, i principali progetti messi in campo dalle imprese italiane sono attività di mentoring/coaching per i neo-assunti, politiche di engagement diversificate a seconda della generazione di appartenenza, iniziative per l’integrazione di culture e approcci diversi sulla base dell’età (con attività, per esempio, di team building, di reverse coaching e/o formazione).

Attraverso queste strategie di promozione dell’Age Diversity si favorisce la crescita della motivazione, lo sviluppo delle competenze, la conciliazione vita-lavoro, la tutela e la promozione della salute dei lavoratori.

L’Age Management in sintesi

In conclusione, quanto appena visto dimostra quanto sia importante gestire al meglio le differenze intergenerazionali nelle organizzazioni. Saperne valorizzare le caratteristiche specifiche, supportare le debolezze, aumentare il senso di efficacia e di soddisfazione adattando i compiti alle persone e non viceversa

L’Age Management è una pratica fondamentale per il benessere dei lavoratori e delle aziende e sarà, dunque, sempre più necessario per queste ultime sviluppare metodi e programmi che permettano di valorizzare le diverse età.

Bibliografia

  • Miglioretti, M. (2020, October). L’occupabilita’ sostenibile. Edra.
  • Aversa, M. L., D’Agostino, L., & Parente, M. (2015). L’age management nelle grandi imprese italiane: i risultati di un’indagine qualitativa.
  • Age Management. Teoria e pratica per la gestione dell’età nelle organizzazioni di lavoro: https://publicatt.unicatt.it/handle/10807/65099
  • Littarru, M. V. (2024). Age management: Gestire un ambiente di lavoro multigenerazionale [Tesi di laurea magistrale, Università di Padova]. Padua Thesis and Dissertation Archive.
  • Maronea, F., & Navarrab, M. (2024). Age management and intergenerational education in health. Artificial intelligence and virtual Age management e formazione intergenerazionale in medicina. Intelligenza artificiale e comunità di pratica virtuali. Form@ re-Open Journal per la formazione in rete, 24(2), 389-397.

Domande frequenti

Che cos’è l’Age Management e in cosa si differenzia dal Diversity Management?

L’Age Management è una declinazione del Diversity Management che si concentra sulla valorizzazione delle differenze anagrafiche. Mira a creare condizioni di lavoro in cui ciascun individuo possa esprimere il proprio potenziale senza essere penalizzato dall’età.

Perché è importante gestire l’intergenerazionalità in azienda?

Con l’aumento dell’aspettativa di vita e dell’età pensionabile, nelle imprese convivono sempre più generazioni con priorità, linguaggi e approcci differenti. Una corretta gestione dell’intergenerazionalità consente di ridurre conflitti, valorizzare competenze ed esperienze diverse e migliorare motivazione, clima aziendale e performance organizzative.

Quali sono le principali pratiche di Age Management adottate dalle aziende?

Le imprese più virtuose attivano progetti di mentoring e reverse coaching, politiche di formazione e sviluppo personalizzate per fasce d’età. Queste strategie possono essere sia preventive, per anticipare i bisogni futuri, sia reattive, per risolvere squilibri già presenti.

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